
Tutti conoscono le Google Webmaster Tools (o dovrebbero), ma pochi tra di voi hanno davvero provato a utilizzare con una certa frequenza le Bing Webmaster Tools.
Fino a ieri qualche buon motivo per evitare gli strumenti di monitoraggio targati Microsoft, forse, avrebbe potuto resistere: un analista SEO pigro e svogliato avrebbe potuto accampare:
a) la scusa del basso impatto di Bing rispetto a Google (sì, ma il 18% su centinaia di milioni di utenti dei motori di ricerca… non sono pochi)
b) la giustificazione, più verosimile, che le Bing Webmaster Tools non siano altro che la fotocopia, ovvero la rincorsa in affanno, della cassetta degli attrezzi di Mountain View.
Oggi anche la seconda giustificazione sfuma, perché – per la seconda volta in pochi mesi – Bing sforna una novità importante: le pagine connesse.
Con un nome, in realtà brutto e poco coinvolgente (in inglese non è meglio: connected pages), Bing permette di analizzare il flusso di dati proveniente dalle pagine dei social networks attraverso i links diretti al sito web da analizzare.
L’elenco dei social networks che hanno aperto il loro flusso di dati verso Bing è veramente ampio: ci sono Facebook, Twitter, LinkedIn, Google+, Pinterest, YouTube, Instagram, MySpace (redivivo) e sono compresi anche gli account degli store Windows e Apple. Nella schermata qui vicino puoi vedere un’anteprima, nella versione italiana di Bing Webmaster Tools, dell’elenco delle pagine connesse e del pannello di gestione.
L’invio della richiesta di verifica è immediato, ma non sempre la notifica della conferma lo è altrettanto. Quando però tutto sarà pronto nel collegamento tra il social media e bing, nel pannello di gestione delle tools, sarà possibile analizzare: i clic da ricerca e la loro tendenza.
Non solo, come per le impression di Google, si potrà analizzare quante volte un determinato post è comparso nei risultati di un ricerca (presente in cerca e tendenza).
Insomma, quelli che Google vorrebbe valutare come segnali sociali, ma nelle segrete stanze del suo algoritmo, Bing decide di mostrarli con tutti gli onori (e forse anche di più) di un backink.
Al di là di quelle che appaiono più sfumature (o strategie di marketing) che reali divergenze sul peso che hanno (e avranno) i social media nel determinare la rilevanza di un contenuto web, Google e Bing convengono – ancora una volta – proprio su questo: l’ineluttabilità di una ricerca condizionata dai gusti e a volte anche dall’umore di centinaia di migliaia di comunità collegate di utenti, con buona pace finalmente dell’esperto SEO di vecchia e antica scuola babilonese.
Ricerca che, per Bing, rimane sempre condizionata anche dalle parole chiave: per questo e forse anche per marcare meglio la differenza con il concorrente, è stato potenziata anche la sezione delle webmaster tools “Cerca parole chiave” e introdotta per la prima volta, ancora in fase beta, la “Ricerca Parola Chiave“, ovvero uno strumento molto simile alla ricerca di parole per volumi di traffico di AdWords.