
Alla fine, dopo le tappe in Francia, Germania e Polonia, la stretta di Google sui link non naturali è probabile che si abbatta anche sulla Spagna e sull’Italia.
Lo stile è quello che precede le notizie funeste (a giudizio dei link builders da strapazzo coinvolti).
Con due tweet, uno dedicato agli italiani e l’altro agli spagnoli, Matt Cutts, ingegnere capo della squadra anti-spam di Google, ha voluto ricordare agli amici latino-europei qual’è la politica di Google contro i link artificiali e contro tutti i link che sono stati introdotti con lo scopo di alterare i risultati della ricerca organica.
In due concetti: penalizzazione temporanea oppure espulsione.
L’ultima volta che Google aveva avvertito i francesi, il webmaster di Buzzea si era portato avanti e aveva incominciato a scrivere lettere di scuse…
L’unica domanda che si teme adesso (e che ho girato a Cutts) è: dove colpirà Google in Italia?
Secondo quanto riportato da Giacomo Gnecchi Ruscone (Google Forum Webmaster Italiano) nel link citato da Matt Cutts, Google penalizzerà tutti i siti che partecipano a schemi di link e “principalmente all’acquisto di link che passano PageRank al fine di influenzare i risultati dei motori di ricerca”.
Nello specifico della situazione italiana, Gnecchi Ruscone mette in evidenza il falso guest blogging come tecnica scorretta di article marketing, riportando un esempio ricostruito ad arte, per far capire esattamente cosa penalizza Google:
Non è difficile, sostiene il traduttore automatico, trovare blog italiani che ospitano link altamente ottimizzati a siti terzi, sia attraverso articoli ospitati (guest blogging) che tramite l’uso di widget contenenti tali link. Siamo consapevoli che questi articoli o widget potrebbero essere ospitati senza cattive intenzioni da parte del proprietario del sito. Nonostante ciò, questi link creati per il solo scopo manipolare il posizionamento di un sito, ottenuti attraverso un widget scaricabile o un frammento di codice incorporabile, non rispettano le nostre istruzioni per i webmaster.
Alla richiesta di indizi, rivolta sia a Matt Cutts che a Giacomo Gnecchi Ruscone – in quel di Dublino, nessuno mi ha fornito una risposta, ma sono fiducioso del fatto che BigG, per via algoritmica o per via manuale sniderà e sputtanerà i colpevoli a beneficio di tutta la comunità. Comunità che finalmente ritroverà, in virtù della condanna pubblica, la strada dell’auto-responsabilità (o del pentimento latino ?).
Tempo fa, avevo segnalato proprio su questo blog un pessimo esempio di directory italiana per il link scheming (ti ricordi di questa?). Oggi ho voluto dedicare qualche secondo anche alla ricerca di schifezze nel campo del content marketing e guarda un po’ cosa mi sono ritrovato tra le mani…
Non sarò certo io a fare nomi senza prove (e senza scudi), ma temo che per tutto il settore dell’article marketing italiano comincerà a tirare una brutta aria.
Ho paura che non siano tutti “falsi positivi”… Buzz … Guru … chissà perchè mi vengono così all’improvviso, come all’incendiario di Palazzeschi, parole in libertà!
4 risposte
ad esempio, giusto per intenderci. ho cercato questo : “esempio dominio bannato da google” e mi ha dato un link del taglia erba . non me ne voglia, ma un articolo che gia nel 2009 non è servito in quanto si legge dai commenti che era una bufala o non funzionava……. cosa ci fa in prima pagina di google ? siamo nel 2014.
addiritura è posizionato meglio di un link dove si vede chiaramente un esempio di dominio bannato…….. non mi pare giusto , non credi ?
Ciao Roberto,
ci sono molte cose non giuste… ma l’algoritmo di Google è fondato ancora (e lo resterà molto) sui backlinks di qualità. Il controllo manuale delle SERP avviene attraverso i Quality Raters, ma sono pur sempre esseri umani e non infallibili. Personalmente l’unica cosa che non tollerò non è il fattore umano, ma sono le corsie preferenziali concesse ad alcuni soggetti forti (vedi i casi di Expedia e Rap Genius) nel percorso di recupero da una penalizzazione.
Per tutto il resto le SERP, fin dal lontano 1998, sono un ottovolante e come allora il brivido che corre per la schiena quando si scende e si sale è una sensazione che non ha prezzo…
Io non credo che esista qualcuno esente al 100% da questo tipo di pratiche. In molti utilizziamo , o cerchiamo di fare un buon lavoro, ma il problema sta nell ‘ esagerazione che alcuni hanno. Un articolo cosi come lo hai riportato nella foto non è da penalizzare , ma da bannare. ma in rete almeno da un annetto, sto notando che ci sono degli articoli sempre più informativi e di qualità che comunque non riescono a stare nelle prime posizioni di google grazie solo alla viralità. credo che più che penalizzare, debba andare a scrutare un po nelle serp per trovare contenuti di qualità ( ce ne son tanti). ora, visto che esistono dei contenuti di altissima qualità ed utilità nel web , e questi non sono nelle prime pagine di google, credo proprio che il passo fondamentale sia identificare questi articoli e metterli in prima pagina. magari , delle serp più mobili potrebbero essere la soluzione giusta
Ma non tutto l’article marketing è da bannare! Secondo me, resta una valida soluzione per creare link “puliti”, a patto che gli articoli prodotti abbiano qualcosa di veramente significativo da dire e non siano semplici composizioni di keyword e riferimenti ipertestuali, come nell’esempio che giustamente hai condannato. Se un SEO copywriter vuole aumentare il suo grado d’influenza nell’indicizzazione finale delle pagine web a cui lavora, deve provvedere a creare “contenuti di contorno” di qualità, magari affidandosi proprio a piattaforme di article marketing collaudate e oneste. Certo, pagare qualcuno per inserire i propri articoli in directory o portali improvvisati è una scelta stupida, come hai giustamente ricordato, che equivale a un vero e proprio spamming! Il tuo articolo, invece, è al solito interessantissimo! Ciao!
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