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La nuova frontiera dell’algoritmo di Google: studiare il comportamento di chi effettua una ricerca

Il ruolo degli utenti nel nuovo brevetto di Google
Il ruolo degli utenti nel nuovo brevetto di Google

Il ruolo degli utenti nel nuovo brevetto di Google

Come si comportano gli utenti di un motore di ricerca?

Come può influire il loro comportamento sul posizionamento dei risultati di una ricerca?

Secondo il decano Rand Fishkin (Moz.com) il comportamento di chi effettua una ricerca (il modo in cui pongono le query e i loro click), può influire sul posizionamento dei risultati sulle SERP.

Non è la prima volta che Fishkin sostiene questa teoria, ma a differenza di un anno fa, oggi il fondatore di Moz ha qualche argomento in più a suo vantaggio: il nuovo brevetto sulla qualità dei siti web, rilasciato da Google alcune settimane fa e scritto da Navneet Panda (ingegnere di Google e autore dell’omonimo aggiornamento).

Fishkin nel suo ultimo video, che ti ripropongo in versione integrale qui sotto, sostiene che questo brevetto, a differenza di altri con descrizioni fumose e scritte in linguaggio incomprensibile, è estremamente chiaro e diretto.

Immaginate, sostiene Fishkin, che Googlebot (lo spider dei contenuti) si possa soffermare sulle singole query effettuate sul motore di ricerca di Google.

Se molte persone cercano cose del tipo “cerca un indirizzo email”, oppure “strumento per indirizzo email” e ci sono anche molte altre ricerche simili ma con un brand accostato, come ad esempio “VoilaNorbert strumento email”, questo significa che molti utenti che cercano uno strumento per gestire o trovare indirizzi email vogliono uno specifico strumento e con quel nome.

Nel brevetto di Panda, continua Fishkin, quella che viene descritta è una semplice equazione. Ovviamente non si tratta dell’algoritmo vero e proprio (Google non ha mai rivelato al pubblico l’esatto contenuto dei suoi algoritmi), ma contiene di per sè indizi preziosi.

Equazione di Panda

Equazione di Panda

Il punteggio di qualità di un sito web rispetto ad una parola chiave (SQ Score for Keyword X) è determinato dal numero unico di utenti che ha cercato quella parola accostata ad un brand, diviso il numero unico di utenti che ha cercato la stessa parola, ma senza accostarla ad un brand.

Ecco spiegato, per esempio, per quale motivo accade che, se stai cercando camere o alberghi per una vacanza, compaiono per primi quelli più premiati nelle ricerche c.d. branded: ad esempio trip-advisor, booking.com, expedia, etc. etc.

La teoria di Rand

Anche se non è direttamente menzionata nella descrizione del brevetto, Fishkin è convinto che l’analisi del comportamento dell’utente non si ferma alla composizione della query, ma va oltre, mettendo in campo anche un altro fattore: il numero di click che un determinato risultato riceve.

Tutto questo succede già da tempo con le ricerche personalizzate (profilate per l’utente G+ per esempio), ma potrebbe accadere anche su tutte le altre ricerche (anonime comprese): Google sa dove va ognuno di noi sul web e cosa facciamo sul web ed è in grado di valutare anche su queste basi l’SQ Score.

Che significato ha tutto questo per il campo SEO?

Secondo Fishkin, l’importanza delle query e del traffico correlato come fattori di ranking, metterà a dura prova chi si occupa di SEO nello stile classico della vecchia scuola.
Costruire un brand, intorno alle parole chiave che identificano un servizio o un prodotto, non è più una questione di “keywords, link e architettura dei contenuti”, ma richiede le competenze di comunicazione e di relazione del digital marketing.

Si tratta, sostiene Fishkin, di attirare traffico da altri canali: social networks, email, incontri e relazioni off-line, passaparola, etc. etc. Se i consulenti della vecchia scuola non lo capiranno, si perderanno questo pezzo importante di futuro.

Ecco il video integrale di Rank Fishkin:

 

3 risposte

  1. Deborah ha detto:

    Grazie Marco per questo contenuto! Sono convinta che per una buona strategia SEO non si possa prescindere dal tenere in considerazione anche i fattori esterni e di contorno, come le conversazioni online su Social Network e forum ad esempio. A questo punto vorrei sentire i “Consulenti della Vecchia Scuola” in merito! 🙂

  2. Maria Cristina ha detto:

    Da tempo sono convinta che per fare SEO siano fondamentali i “segnali esterni”. Contenta di non essere l’unica matta che la pensa così.

I commenti sono chiusi.